Sono co-founder e direttore creativo di Panama dal 2016. È un’agenzia di comunicazione che ama l’esplorazione e i grandi brand, quelli che rimangono in testa come un pezzo di Pharrell Williams. Panama sviluppa per loro contenuti originali alternando complessità classica e virtuosismi jazz.
Ho contribuito a ideare e progettare Canàl, un magazine che è come un caleidoscopio. Ci sono idee che arrivano da paesi lontani e meno esplorati. Canàl parla di brand, marketing, comunicazione. Ma anche di bandiere, giostre, drink e pinguini.
Mi occupo di client accounting, supervisione e finalizzazione creativa, ideazione dei supporti di comunicazione visiva.
Nei ritagli di tempo raccolgo in Controforma qualche appunto sulla tipografia, ma niente tecnicismi, promesso. Il disegno di un carattere racconta una storia e offre un’istantanea della nostra società. Se vi avvicinate un po’ lo vedete, c’è davvero un mondo dentro.
Nel 2016, con il primo caldo estivo, è nata Panama, agenzia di comunicazione della quale sono co-fondatore. Il nostro ufficio si affaccia sulla strada attraverso un’enorme finestra liberty che tutti i passanti fotografano, e che ci rende molto fieri. Panama ha supportato nel tempo brand nascenti e iniziative di comunicazione di grandi gruppi internazionali.
Nel corso dell’ultimo anno l’agenzia ha supportato molte realtà nel raccontare loro stesse con trasparenza e innovazione, creando relazioni valoriali durature con il pubblico. Fare branded content significa riflettere sulle reali intenzioni della marca e richiede un grande sforzo di sincerità, che viene sempre ripagato. Non è un’esclusiva dei brand più visionari, ma la scelta di un modello narrativo che richiede e stimola una consapevolezza aziendale maggiore.
Oltre al nostro impegno verso il mondo delle marche, apriamo con entusiasmo collaborazioni con amici e personalità del nostro campo di riferimento. Abbiamo curato il branding di uno dei più grandi creativi in Italia.
Nel tentativo di osservare cosa succede oltre i confini, è nato Canàl, un magazine che raccoglie notizie internazionali su brand e marketing. È un caleidoscopio di idee che arrivano da paesi in apparenza più lontani e meno esplorati. Aiuta ad allargare lo sguardo e trovare nuovi riferimenti. Le persone che collaborano al progetto con parole e illustrazioni sono molte, sparse qua e là, sodalizi collaudati e nuove amicizie.
Dentro Canàl c’è uno spazio per le opinioni sui grattacapi di oggi, si chiama Oblò. È una sezione affidata a esperti del settore e professionisti di altri campi, per riflettere sulla comunicazione di marca e i suoi mondi affini. Fra le altre cose, su Oblò si è parlato dell’ossessione per i corpi, del sessismo dell’intelligenza artificiale e del primo rebranding della storia, quello delle patate.
Nei ritagli di tempo, che sono infondo i più preziosi, raccolgo appunti in Controforma, uno spazio personale dove parlare senza tecnicismi di una cosa paurosamente tecnica: la tipografia. Il disegno dei caratteri, nonostante sia un’arte poco appariscente, racconta sempre una storia e ha un impatto reale sulle persone. Le lettere sono l’elemento base del nostro comunicare, il modo in cui vengono disegnate ci permette di avere un certo tono di voce e guidare l’emotività di un messaggio. Nei dettagli di ogni carattere tipografico è racchiusa l’istantanea della nostra società, a guardarlo da vicino si percepiscono mani, strumenti e pensieri di un certo momento storico.
Collaboro con Artribune, dove mi viene concesso lo spazio per pubblicare qualche riflessione più ampia, adatta ai destinatari finali della comunicazione che ogni giorno scriviamo, disegniamo, decidiamo di mandare in giro.
Durante il famoso marzo del primo lockdown, mentre molte delle nostre certezze professionali iniziavano a oscillare, ho avuto il piacere di parlare con Mauro Porcini, SVP & Chief Design Officer del gruppo PepsiCo. Abbiamo osservato la reazione spontanea della comunità creativa davanti a un ostacolo che non era mai apparso in nessun brief. Ne è uscita un’intervista dove è stato rimesso in discussione il senso profondo del nostro lavoro, per ricordarci il grande potere delle immagini: raccontare il momento.
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